Dal primo maggio al 21 ottobre 2015 si terrà a Milano l’Esposizione Universale dedicata al tema dell’alimentazione e della nutrizione. I paesi che prenderanno parte a questo evento avranno il compito di mostrare come intenderanno far fronte nei prossimi anni al problema dell’alimentazione mediante una gestione del territorio che sia sostenibile per le generazioni future. L’area in cui avrà luogo l’esposizione, larga 1,1 milioni di metri quadrati, si trova a Nord di Milano. E’ prevista un’affluenza di venti milioni di visitatori.
La struttura del sito dell’esposizione riflette l’antica conformazione delle città romane. La via più lunga, il Decumano, si sviluppa in direzione est-ovest per una lunghezza pari a un chilometro e mezzo: attorno ad essa si troveranno i padiglioni dei 130 Paesi che parteciperanno ad Expo. Nelle intenzioni dei promotori, tale asse viario dovrebbe congiungere idealmente il luogo della produzione di cibo (la campagna) con quello della sua consumazione (la città). Sul Cardo, che ha una lunghezza di 350 metri in direzione Nord-Sud, saranno disposti invece i padiglioni del paese ospitante: l’Italia. A nord sorgeranno strutture tese a rappresentare i diversi territori della penisola, a sud si troveranno le aziende del Made in Italy, che hanno saputo rispondere al tema dell’alimentazione e della sostenibilità assicurando ai loro prodotti livelli di eccellenza.
Non è la prima volta che Milano è sede di una Esposizione, anche se questa volta si tratta di un evento allestito per così dire alle porte della città. Il Comune ambrosiano ha vissuto in passato due esposizioni che hanno segnato profondamente la sua storia e che possono ragionevolmente essere avvicinate ad Expo 2015.
In questo post accennerò all’Esposizione Industriale del 1881 perché si lega assai bene al tema delle imprese Made in Italy. Per ragioni di spazio, dedicherò invece a un altro intervento il tema dell’Esposizione Internazionale del 1906….quindi per dirla all’inglese…stay tuned!!!
Diversamente da Expo, l’Esposizione del 1881 era ristretta all’Italia. Finanziata dalla Camera di Commercio di Milano, essa mostrò ai cittadini quali fossero i progressi dell’industria nazionale a vent’anni dall’Unità. Un milione e mezzo di visitatori accorsero all’Esposizione, i cui padiglioni furono allestiti nei giardini di Porta Venezia, nell’attuale via Marina e nella villa reale di via Palestro. Ho detto che si trattava di un’iniziativa a carattere nazionale. Essa coinvolse un numero cospicuo di imprese milanesi e lombarde, la cui presenza sul totale degli espositori era pari al 40%.
Notevole per quell’epoca il livello tecnologico raggiunto dai grandi cotonifici: la Cantoni (420 telai), la Crespi (200) e la ditta dei fratelli Borghi (300) mostrarono i progressi nell’integrazione tra filatura e tessitura in una struttura che aveva interamente meccanizzato le fasi di produzione. Inoltre si facevano notare aziende che, quantunque avessero dimensioni più contenute, lasciavano intuire già in quegli anni i futuri sviluppi di eccellenza: i Legler di Ponte San Pietro, i Krumm di Carate Brianza, i Caprotti di Ponte Albiate, i Turati e i Dell’Acqua di Milano che avevano stabilimenti a Busto Arsizio e a Legnano.
Ma a colpire i visitatori furono soprattutto i padiglioni del settore meccanico, ove per la prima volta facevano bella figura macchinari Made in Italy. Tra le aziende presenti c’era ad esempio la Cerimedo (che di lì a poco avrebbe dato i natali alla Breda) specializzata nella produzione di motrici per tram; la Grondona attiva nel comparto delle carrozze e vagoni ferroviari; la Krumm e C. di Legnano che nel dicembre di quell’anno avrebbe mutato la denominazione in Franco Tosi: attiva nella produzione di macchine tessili, tale azienda si andava specializzando nelle motrici e nelle caldaie a vapore.
Il livello tecnologico conseguito dall’industria nazionale dovette colpire notevolmente il milione e mezzo di visitatori accorsi a Milano dal 6 maggio al primo novembre del 1881. Anche gli stranieri non fecero mancare la loro presenza, incuriositi da una iniziativa che consentiva loro di toccare con mano il progresso dell’industria italiana. Un giornalista tedesco del “Berliner Tageblatt”, giunto a Milano per assistere all’evento, non poté trattenere l’entusiasmo per la buona riuscita dell’Esposizione. Nella sezione Mailander Austellungsbriefe scrisse:
“Se Cavour vedesse oggi Milano egli si darebbe una di quelle storiche fregatine di mano che indicavano qualche successo italiano, e direbbe: l’Italia che fu chiamata per lungo tempo terra dei morti, oggi mostra che è il paese dei vivi. L’Esposizione è un’opera imponente, compiuta dall’orgoglio coraggioso e dall’audace spirito d’iniziativa dei cittadini milanesi. Essi possono anche questa volta dire, francamente, che la loro città ha diritto di chiamarsi la capitale morale d’Italia”.