Questo articolo è stato pubblicato in versione ridotta su “Il Giorno”, 27/06/2021
Gli obiettivi ambiziosi che Milano dovrà raggiungere nei prossimi anni sono quelli con cui si confrontano le città più avanzate del pianeta riunite in C40 Cities: oltre alla riduzione dell’inquinamento da combustibili fossili, la formazione di spazi urbani in cui siano garantiti standard elevati di vivibilità e di cura per l’ambiente. In realtà, una delle sfide maggiori per le metropoli di tutto il mondo continuerà ad essere la riduzione del traffico automobilistico.
In via generale la prossima amministrazione dovrà intervenire con maggior forza su tre fronti. Anzitutto occorre aumentare la rete delle metropolitane. Bene il prolungamento della M5 verso Monza e della M1 verso Baggio; ci sono però aree della città (come la zona sud verso Noverasco o Ponte Lambro) che non sono servite bene. Si riprenda il progetto della M6.
Il secondo fronte riguarda la formazione di vere e proprie autostrade per le biciclette che colleghino in modo organico le periferie con il centro. E’ vero che si sono realizzate piste ciclabili di rilievo come in corso Venezia, in corso Buenos Aires o in viale Monza. Serve tuttavia una rete organica di percorsi che offra ai cittadini il mezzo per raggiungere il centro in sicurezza, lungo tracciati che tutelino la salute degli utenti limitandone la diretta esposizione agli scarichi di camion e automobili. Oggi questo non avviene. Se vogliamo che Milano sia davvero una città degna di stare sullo stesso piano di metropoli quali Amburgo, Copenhagen, Parigi e Berlino, serve una rete ciclabile sicura, pulita, in grado di essere utilizzata da tutti i cittadini metropolitani. Ad Heidelberg questo già avviene, ma il caso di Berlino è ancor più importante, non foss’altro perché si tratta di una metropoli che per dimensioni è paragonabile a Milano. Nella capitale tedesca è in fase di concreta realizzazione “InfraVelo”, una vera e propria rete di piste ciclabili attrezzate con apposita segnaletica e stazioni di deposito per le bici. Come ha affermato la senatrice tedesca responsabile per l’ambiente, il traffico e la difesa del clima, Regine Günther: “Der Aufbau einer sehr guten Radinfrastruktur ist eine der zentralen Aufgaben in den kommenden Jahren. Denn je besser die Radwege, desto mehr Menschen steigen aufs Fahrrad um. So wird Berlin sauberer, sicherer und klimafreundlicher“. (Traduzione. La creazione di una buona infrastruttura per biciclette sarà uno dei compiti centrali nei prossimi anni. Tanto migliori saranno le piste ciclabili, quanto più persone passeranno ad usare le biciclette. Così Berlino diventerà più pulita, sicura e amica del clima”). Milano dovrà essere all’altezza di questa grande trasformazione urbanistica, se vorrà competere ad armi pari con le metropoli europee.
Il terzo intervento investe il tema del risparmio nel consumo energetico degli edifici: molto deve essere fatto, soprattutto per i vecchi fabbricati. Varrà la pena ricordare a tal proposito che la città di Heidelberg negli ultimi dieci anni ha ridotto del 50% i consumi di energia in edifici datati (scuole e altri stabili).
Questo articolo è stato pubblicato su “Il Giorno” del 15/4/2021
Da una ricerca curata da Mario Abis per il Centro Studi Grande Milano sulle condizioni in cui vivono gli abitanti della città metropolitana milanese è emerso come il 60% della popolazione ritiene fondamentale per la ripresa economica una costruzione adeguata dell’ente “Città metropolitana”. E’ evidente che fino ad oggi tale istituzione non ha funzionato: ha sollevato unicamente conflitti tra i municipi. Mai come in questi tempi si rende necessario un intervento legislativo teso a migliorare tale comparto amministrativo.
Nel programma della “Città a 15 minuti” il Sindaco Sala intende garantire nei quartieri migliori servizi pubblici a cittadini che, cessata la pandemia, continueranno in più occasioni a lavorare da casa. Perché questo piano non si riduca a una visione localistica, occorre però un intervento coraggioso: la divisione della città nei suoi antichi comuni. Questi, assieme ai municipi della Città metropolitana, a quelli della provincia di Monza-Brianza, a quelli legati a Milano ma inclusi nelle province di Novara, Varese, Como, Lecco, Pavia, Bergamo, Brescia, Lodi, Cremona, dovranno formare una grande Regione metropolitana. Il Presidente di questo nuovo ente, eletto direttamente dai sette milioni di cittadini che vi abitano, dovrebbe risiedere a Palazzo Marino e dividere con i Sindaci dei municipi l’amministrazione nel campo delle infrastrutture, dei trasporti, dell’urbanistica, dei parchi, della viabilità.
La grande Milano non potrà che essere una Regione amministrativa, al cui interno vi sia un fitto reticolo di comuni integrati nella nuova istituzione. Altrimenti la “Città a 15 minuti” rischia di essere un’idea grettamente municipalista, un po’ come quei milanesi che – come scriveva Ludovico di Breme a Federico Confalonieri in una lettera del 16 maggio 1814 – non sapevano guardare oltre “il borgo degli Ortolani”.
Restituire alla legalità i beni sequestrati alla mafia mediante la realizzazione di progetti tesi ad avviare imprese autosufficienti, che siano in grado di reggersi sulle proprie gambe creando valore in zone dominate un tempo dal malaffare e dalla criminalità organizzata. Questa la mission che i docenti dell’Università Statale di Milano e del Politecnico hanno affidato agli studenti del corso di Laurea in Management dell’innovazione e dell’imprenditorialità, chiamandoli a partecipare al Laboratorio “riuso beni confiscati alla mafia”.
L’iniziativa, promossa dal Centro Studi Grande Milano (CSGM), dalla Città metropolitana di Milano, dalla Scuola di Design del Politecnico, dallo Studio Legale Sutti, è stata presentata ieri mattina nella sala lauree dell’Università Statale di Milano, in via Conservatorio 7, alla presenza di Daniela Mainini, consigliere in Regione Lombardia e presidente del CSGM, Arianna Censi, vicesindaco della Città metropolitana di Milano, Gian Antonio Girelli, presidente della Commissione regionale antimafia. Presenti i sindaci dei Comuni metropolitani nel cui territorio si trovano le proprietà confiscate alla criminalità: Giambattista Maiorano, sindaco di Buccinasco; Yuri Santagostino, sindaco di Cornaredo; Sergio Perfetti, sindaco di Gaggiano; Barbara Agogliati, sindaco di Rozzano.
Il professor Mario Benassi, che ha seguito da vicino i lavori degli studenti del corso di laurea, ha spiegato il senso dell’iniziativa, ricordando che “si è lavorato su idee che potessero produrre utilità”, stimolando la creatività dei giovani nell’immaginare “attività autosufficienti sul piano economico”, imprese di successo che possano abbattere il degrado di alcune zone della periferia metropolitana. “In Italia e in Lombardia ci sono asset (ville, palazzi, terreni imprese) che sono stati sottratti alla mafia e sono nella disponibilità dei comuni. Gran parte di questi beni è inutilizzato: noi abbiamo sviluppato progetti di business che possano generare ricchezza per la cittadinanza”.
Gli studenti, divisi in quattro gruppi, sono stati assistiti nel lavoro da un team di designers, architetti, avvocati, giuristi. I progetti sono stati coordinati da Roberto Poli (Centro Studi Grande Milano), dall’avvocato Simona Cazzaniga (Studio Legale Sutti), dalla Professoressa Ada Cattaneo (IULM), dal professor Luigi Bandini Buti (Polimi) e dal dottor Stefano Balzarotti (consigliere comunale di Abbiategrasso).
Il primo lavoro si è concentrato su un terreno di 4 ettari sito nel Comune di Gaggiano, località San Vito. Il terreno fa parte del Bosco dei 100 passi, un’area già sottratta in passato alla criminalità organizzata, trasformata in un vasto parco di 17 ettari con 1500 alberi piantumati, un laghetto, un percorso ciclopedonale. Gli studenti hanno chiamato questo terreno il “Giardino del primo passo”, il primo da percorrere per entrare nel più ampio bosco dei cento passi. La proposta ha preso a modello i Prinzessinnengarten di Berlino, un’area che in Germania si è riusciti a sottrarre al degrado mediante la realizzazione di un orto urbano con caffetteria e ristorante. Il progetto prevede di dividere il giardino di Gaggiano in tre zone: una “zona parco” a sua volta articolata in quattro aree (area relax con tavoli da gioco e piste da bocce; area cani; area sport con la disponibilità di attrezzature per l’attività ginnica e percorsi salute; area bambini); una “zona orti” che, sul modello dei già citati prinzessinengarten, affidi le aree agricole ad associazioni che facciano coltivare la terra a persone in difficoltà, ma anche a ragazzi, studenti, anziani del posto; infine una “zona eventi” per l’esposizione e la vendita dei prodotti degli orti. Gli studenti ritengono che i costi di avviamento del progetto, previsti intorno ai 100.000 euro, possano essere sostenuti mediante il ricorso a bandi di finanziamento della Fondazione Ticino Olona o della Fondazione Cariplo.
Il secondo gruppo si è occupato invece di una villa situata nel territorio del Comune di Buccinasco, in via Odessa, confiscata alla famiglia Sergi. Gli studenti hanno pensato di valorizzare questi spazi con attività in campo economico e sociale: un’ortofrutta al piano terra per la vendita dei prodotti del territorio ed ecosostenibili (latticini e marmellate) con servizio di delivery via bike e furgone; al primo piano un bar, un locale di ritrovo per giovani aperto anche di sera per gli aperitivi e una stanza per incontri di associazioni o presentazioni di attività culturali; la mansarda dovrebbe fungere da ufficio per il personale. Questo progetto, come gli altri tre, sono il risultato di una serie di incontri tra gli studenti e gli operatori del territorio, aziende interessate ad investire e a partecipare a tali iniziative.
Il terzo gruppo ha lavorato a un progetto di riuso centrato su un immobile nel Comune di Cornaredo, in via Vanzago. Appartenuto al boss dell’ndrangheta Costantino Mangeruca, è stato confiscato e da anni attende un intervento che possa restituirlo alla cittadinanza. Si tratta di un vasto edificio con una superficie complessiva di 1500 metri quadrati diviso in una parte seminterrata con garage, in un primo piano e in un sottotetto con piccola terrazza. Gli studenti hanno pensato di costituire al primo piano un laboratorio Wood Lab per il restyling e il restauro di motociclette o biciclette; gli spazi dell’immobile verrebbero gestiti da un’impresa, Do It, la cui tessera associativa consentirebbe l’accesso ai cinque spazi nello stabile per persone che intendono lavorare all’interno dello stabile nell’attività di restauro dei motocicli. Nel seminterrato dovrebbe essere collocato un magazzino e nel garage uno spazio per i macchinari di falegnameria. Nel sottotetto e nella terrazza si è pensato invece a un’area relax e ristoro con servizio bar, spazio per l’esposizione di mostre e la presentazione di libri.
Una villa risalente agli anni Settanta del secolo scorso, situata nel Comune di Rozzano, è stata al centro del progetto del quarto gruppo. L’immobile, situato in via Molise, si trova in un contesto di grande interesse culturale e paesaggistico, non molto distante dal castello visconteo di Cassino Scanasio. Gli studenti hanno pensato di utilizzare gli spazi della villa per due tipi di attività: al pianterreno un centro diurno per anziani, al primo piano un asilo nido. Il giardino potrebbe essere valorizzato mediante la creazione di spazi di ritrovo per gli anziani e di spazi giochi per i bimbi. La realizzazione di un’attività destinata ad unire, facendole dialogare, due fasce di età tanto distanti tra loro si ispira ad alcuni casi come ad esempio Providence Mount St. Vincent a Seattle, Anziani e Bambini insieme a Piacenza. Con la formazione di un asilo nido e di un centro per anziani gli studenti hanno voluto avvicinare queste due generazioni. L’obiettivo è restituire una funzione agli anziani troppo spesso soli ed emarginati: quella di adulti responsabili a contatto con i bimbi. I costi di avviamento, pari a 200.000 euro, sono alquanto elevati a causa dello stato di decadimento in cui versa la villa, da anni in stato di abbandono.
Daniela Mainini, nel commentare i lavori degli studenti, ha elogiato il contenuto dei progetti il cui merito non consiste soltanto nel voler restituire valore ai beni confiscati alla mafia – simbolo di una lotta per la legalità che ha avuto successo – ma anche nel proporre soluzioni di business che possano offrire ai giovani spazi per crescere e realizzarsi professionalmente. “Nei beni confiscati alla mafia c’è una lotta di successo, nel restituire alla legalità un bene che è stato per anni nel buio dell’illegalità. E’ una gioia premiare la creatività di studenti che si sono impegnati in progetti credibili e concreti”.
Il recupero degli ex scali merci è al centro del dibattito tra maggioranza e opposizione in Consiglio Comunale da diversi anni. Il primo accordo di programma con Ferrovie dello Stato (FS) venne realizzato dalla giunta Moratti nel 2009: esso prevedeva un alto indice di edificabilità che avrebbe reso gli ex Scali delle aree fittamente urbanizzate con pochi spazi verdi. Su una superficie complessiva di 1.200.000 metri quadrati, l’area edificabile sarebbe stata pari a 822.000 metri quadrati. Per fortuna quel progetto non fu realizzato.
Negli anni della giunta Pisapia, la vice sindaca De Cesaris riprese in mano il dossier sugli ex scali merci in via di dismissione: nuovi incontri con i vertici di FS consentirono al Comune di pervenire a un accordo di programma nettamente migliore. Oltre a prevedere un indice di spazi riservati al verde pari al 53%, il nuovo accordo riduceva l’edificabilità a 676.578 metri quadrati, il che consentiva di mettere in sicurezza il parco agricolo Sud Milano scongiurando nuove cementificazioni. Ciononostante questo tema fu occasione di aspri dibattiti in seno alla stessa maggioranza di centro sinistra. Alla fine il Consiglio Comunale respinse la delibera che avrebbe dato il via libera all’accordo di programma messo a punto dalla vicesindaca De Cesaris. Risultato: due amministrazioni di colore diverso, centrodestra e centrosinistra, non son riuscite a pervenire a una soluzione su un tema di cui si discute ormai da un decennio.
In queste settimane si è tornati a parlare degli scali ferroviari in numerosi incontri pubblici che hanno riscosso un notevole interesse tra i cittadini. Gli scali ferroviari sono un’infrastruttura nevralgica, che sarà fondamentale per i milanesi e per quanti, spostandosi nell’area metropolitana, avranno bisogno di una rete di trasporti sempre più capillare.
Lunedì il Sindaco Beppe Sala ha esortato la maggioranza a sostenere compatta il lavoro della giunta affinché l’assessore all’urbanistica, Pierfrancesco Maran, possa disporre entro l’estate 2017 di un mandato forte del Consiglio Comunale; un mandato che gli consenta di trattare un nuovo accordo di programma con Ferrovie dello Stato che preveda ulteriori miglioramenti rispetto al piano della ex vicesindaca De Cesaris.
Gli ex scali merci sono sette: le aree Greco/Breda (superficie totale 73.536 metri quadrati), Lambrate (70.187 metri quadrati), Scalo Romana (216.614 metri quadrati), Rogoredo, Porta Genova (89.137 metri quadrati), San Cristoforo (158.276 metri quadrati), Farini (618.733 metri quadrati).
Il loro recupero consentirà di attivare una nuova linea di superficie che sarà a metà strada tra un tram e una metropolitana. La realizzazione di nuove fermate (Milano Tibaldi, Milano Stephenson), il recupero di quelle negli scali di Porta Romana, San Cristoforo, Greco Pirelli, Romolo e Rogoredo avverrà mediante la loro connessione con il Passante ferroviario. La nuova linea renderà possibile il collegamento degli scali con le linee di superficie e le metropolitane con tempi di attesa, nelle aree del Passante, che si conta di ridurre a 3 minuti e 45 secondi dai 6 attuali.
D’altra parte, la conversione delle aree dismesse in zone di edilizia sociale, in residenze universitarie, in spazi destinati a verde permetterà di ricucire quartieri della città separati per lungo tempo da questi vecchi scali merci. Oggi gli scali sono grossi corridoi fatti di rotaie, di case officine abbandonate, ove dominano erbacce e numerosi alberi abbandonati. Questi vasti corridoi sono delimitati da barriere in cemento che tagliano interi quartieri in quella che un tempo era la cintura dei Corpi Santi di Milano, un’area a metà strada tra il centro e le più remote periferie.
Un interessante progetto elaborato grazie al supporto di Fondazione Cariplo, WWF, Comune di Milano, Rete Ferroviaria Italiana e Cooperativa Eliante è stato presentato la scorsa settimana all’Urban Center. Si tratta di Rotaie Verdi: gli spazi dei tre scali di San Cristoforo, Porta Genova e Porta Romana verrebbero convertiti in un parco ove sarebbero ricavate oasi naturalistiche per la tutela degli ecosistemi della campagna lombarda. Gli scali a Sud di Milano diverrebbero a tutti gli effetti una vasta area verde messa in collegamento con le aree limitrofe, tra cui spiccano la Fondazione Prada e il distretto Smart Symbiosis .
Sarà interessante seguire i prossimi incontri sul recupero degli scali situati in altre zone della città. Merita di essere ricordato un recente intervento di Sala, il quale ha proposto di utilizzare l’ex scalo Farini per costruire una nuova “cittadella del Comune” ove siano concentrati gli uffici che oggi si trovano in via Larga. Un trasloco che consentirebbe di vendere l’edificio in via Larga con grandi profitti per il Comune. Un’idea, questa della nuova cittadella nell’ex scalo Farini, che ha convinto anche l’assessore Maran, secondo il quale si potrebbero trasferire nella nuova sede anche gli uffici che si trovano in Largo Treves, in via Pirelli, in piazza Beccaria. Sono idee che si aggiungono alle tante avanzate in questi mesi.
Stefano Boeri ha proposto d’innalzare l’indice di verde negli scali fino al 80-85% facendo di essi un grande “fiume verde”, un immenso parco che potrebbe attraversare la città da nord a sud. Questa idea ha riscosso un certo interesse presso la cittadinanza e in alcuni esponenti del centrosinistra. Restano alcune perplessità sui costi di manutenzione di un’area così vasta.
Altre proposte verranno presentate nei prossimi mesi al fine di arricchire il nuovo accordo di programma con Ferrovie dello Stato. Si spera che questa volta, alla scadenza dell’estate 2017, il Consiglio Comunale darà l’ok definitivo alla realizzazione di una infrastruttura rimasta bloccata per troppo tempo.