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Confalonieri e le scuole di mutuo insegnamento

In un post pubblicato nel gennaio del 2015, ho preso in esame il mondo dell’associazionismo nella Milano dei primi anni della Restaurazione. Oggi desidero ricordare una interessante iniziativa, poco conosciuta, che il conte Federico Confalonieri  intraprese negli anni precedenti ai moti del 1820-21.

Nel campo dell’istruzione elementare, Confalonieri fondò una società il cui fine risiedeva nell’istituire in Lombardia le scuole di “mutuo insegnamento”, istituti già operanti a quei tempi in Stati europei quali l’Inghilterra, la Francia, l’Austria, la Toscana, il Regno di Napoli. In Lombardia l’insegnamento elementare obbligatorio – “normale” come si diceva a quei tempi – era stato introdotto fin dagli anni Ottanta del Settecento sotto il regno di Giuseppe II. Qual era pertanto la novità delle scuole che il patrizio milanese intendeva costituire in Lombardia?

mutuo-insegnamento-2Gli istituti di Confalonieri avrebbero seguito il metodo sperimentato in Inghilterra da Andrea Bell e Joseph Lancaster che consisteva nell’educare i bambini all’impegno nello studio assegnando come premio ai più meritevoli la responsabilità di insegnare agli alunni delle classi inferiori. Un metodo quindi ove la disciplina e l’obbedienza ai maestri era premiata con l’assegnazione di ruoli di responsabilità in campo didattico agli scolari più diligenti. Questo metodo presentava il vantaggio d’impiegare pochi maestri e di risparmiare le spese per la gestione dei corsi. La scuola cui pensava Confalonieri era una scuola cattolica che sembrava ispirata più ai metodi del cappellano Bell che a quelli aconfessionali del quacchero Lancaster. Alle scuole di mutuo insegnamento potevano essere iscritti gratuitamente bambini di un’età non inferiore ai sei anni, ai quali sarebbe stato insegnato a leggere, a scrivere e a svolgere le operazioni aritmetiche mediante l’ausilio di apposite tavole.

Per reperire i fondi con cui aprire queste scuole, Confalonieri ricorse principalmente all’aiuto delle famiglie nobili con cui aveva rapporti. I primi azionisti furono in tutto 31, che accettarono di versare 80 lire all’anno per quattro anni affinché la società potesse aprire i suoi istituti educativi. Molti di loro appartenevano alle famiglie dell’antica nobiltà ed erano amici di lunga data: ad esempio Luigi Porro Lambertenghi, Giulio Beccaria (figlio del famoso Cesare), Alessandro Visconti d’Aragona, Gian Battista Litta Modigliani. La prima scuola di mutuo insegnamento, riconosciuta dalle autorità, fu aperta a Milano l’11 marzo 1820 nell’oratorio di Santa Caterina, una cappella – oggi visitabile – interna alla chiesa di San Nazzaro, nel sestiere di Porta Romana.  Vi furono iscritti 300 alunni. In realtà, un’altra scuola era stata aperta fin dal primo ottobre 1818, quasi due anni prima, nell’antico monastero di Sant’Agostino in via Monte di Pietà nel sestiere di Porta Nuova, vicino alla casa di Confalonieri: gli iscritti erano 200. Il costo delle singole azioni, già alquanto ridotto se rapportato ad altre associazioni costituite dal patrizio milanese in quegli anni, venne abbassato nel regolamento del 1819 a 20 lire ciascuna. L’acquisto di un’azione conferiva il diritto d’iscrivere gratuitamente tre bambini.

I fondi così ottenuti consentirono di pagare i maestri, l’affitto dei locali, i materiali per l’insegnamento e , come scritto nel regolamento della Società “piccoli premi d’incoraggiamento mensili ed annuali da darsi a quegli allievi che colla loro condotta avranno meglio meritato”.

In quale modo sarebbe avvenuto concretamente l’esercizio dell’attività didattica? Scriveva Confalonieri:

Federico Confalonieri
Federico Confalonieri (1785-1846)

Gi allievi non potranno essere ammessi prima degli anni 6 compiti e dovranno presentarsi muniti dell’attestato di vaccinazione. Essi saranno ogni mese visitati nella scuola da un medico delegato a sopravvegliare alla salubrità del locale, allo stato di loro salute, ed a prevenire e a riparare a quegli inconvenienti cui possono essere specialmente esposte le numerose riunioni di fanciulli.

Le pene corporali d’ogni genere saranno escluse, ed i castighi s’aggireranno sul perno dell’emulazione che saggiamente e moderatamente impiegata forma la base principale del sistema.

Si daranno nella giornata circa cinque ore di insegnamento, diversamente distribuite secondo le varie stagioni. La preghiera precederà e chiuderà gli esercizi giornalieri, e la domenica sarà divisa tra gli atti della religione ed un’utile ricreazione propria a sollevare l’animo della gioventù ed a meglio prepararla al successivo studio.

Quantunque non abbiano queste scuole per iscopo l’addottrinamento religioso, pure essendo interessantissima cosa l’istillare nel cuore dei fanciulli coi primi elementi dell’istruzione i principi della religione e della morale, le tabelle che dovranno servire d’esempio per la scrittura, e di esercizio per la letteratura conterranno per lo più massime e precetti religiosi e morali, e per le classi più avanzate il catechismo e gli elementi della storia sacra e profana. Tutte queste tabelle stampate ed uniformi saranno sottoposte alla approvazione dell’autorità superiore.

[Società fondatrice delle scuole gratuite di mutuo insegnamento formatasi in Milano il 1° gennaio 1819 in F. Confalonieri, Memorie e lettere, a cura di Gabrio Casati, Milano Hoepli, 1889, vol.I., pp.277-279].

Il governo austriaco riconobbe inizialmente la bontà di queste scuole. L’autorizzazione arrivò con decreto del Viceré Ranieri del 13 marzo 1819. Altre scuole furono aperte in Lombardia. Quantunque le autorità avessero i mezzi per esercitare un ferreo controllo sui contenuti dell’insegnamento – come previsto dallo stesso Confalonieri nel regolamento che si è appena citato – le scuole di mutuo insegnamento furono chiuse pochi mesi dopo, fra l’autunno del 1820 e l’inverno del 1821. Le paure legate allo scoppio delle rivoluzioni liberali a Napoli e a Torino spinsero gradualmente i governi europei a cessare questo esperimento e a tornare al metodo tradizionale delle scuole “normali”: metodo fondato sul ruolo del maestro, unico titolare dell’attività didattica senza alcun coinvolgimento dei discenti. Scriveva sconsolato Confalonieri in una lettera all’amico Gino Capponi del 25 settembre 1820:

Le scuole di mutuo insegnamento furono tutte fulminate in Lombardia, meno le due nostre in Milano perché venturatamente sacramentate con superiore decreto nel loro nascere. Non è peraltro consentita la loro conservazione che fino alla completa attivazione del precellente (sic!) metodo austriaco.

[Dalla lettera di Federico Confalonieri all’amico fiorentino Gino Capponi, 25 settembre 1820, in F. Confalonieri, Memorie e lettere, a cura di Gabrio Casati, Milano Hoepli, 1889, vol.II., pag.92]

L’alta istruzione a Milano: Accademia e Politecnico

Il 15 gennaio 1861 Terenzio Mamiani, ministro della pubblica istruzione, tenne nei locali del palazzo di Brera un solenne discorso per inaugurare l’inizio delle lezioni dell’Accademia Scientifico Letteraria. Di cosa si trattava?

Casati
Gabrio Casati (1798-1873)

La fondazione dell’Accademia era prevista dalla legge 13 novembre 1859 conosciuta come Legge Casati dal nome del relatore, il moderato lombardo Gabrio Casati. In fondo possiamo dire che grazie a questa normativa Milano poté disporre di un istituto che per la prima volta somigliava a una università. Com’è noto, dal 1361 l’università di Pavia era la più antica istituzione accademica esistente in Lombardia. Milano si trovava quindi in una posizione d’inferiorità.

Milano aveva una sua tradizione di studi più frammentata ma non meno importante. Nella seconda metà del Settecento, sotto il governo dell’imperatrice Maria Teresa e di Giuseppe II di Asburgo Lorena, l’innalzamento qualitativo degli insegnamenti era stato ottenuto mediante una riforma incisiva degli studi superiori: dal rinnovamento delle Scuole Palatine alla fondazione della Società Patriottica, avvenuta nel 1776, per la promozione dell’agricoltura e delle arti.  Le riforme asburgiche avevano quindi innalzato il livello dell’alta formazione a Milano, facendone una città della cultura e del sapere utile. La Società Patriottica, specializzata nello studio delle scienze agronomiche,  Basti ricordare, per restare al caso delle Scuole Palatine (situate in piazza dei Mercanti, poi trasferite nel palazzo ex gesuitico di Brera) che dal 1768 al 1773 Cesare Beccaria vi tenne i suoi celebri corsi di economia pubblica; in quegli stessi anni Giuseppe Parini vi insegnò eloquenza e belle lettere, Paolo Frisi meccanica, idrostatica e idraulica.

Si faceva sentire tuttavia la mancanza di una vera e propria Università. La ricordata legge Casati tentò di colmare questo vuoto operando in due direzioni. Anzitutto istituì l’Accademia scientifico letteraria mediante il trasferimento di alcuni insegnanti dall’ateneo pavese. Furono poi concentrate nel nuovo istituto alcune discipline presenti in istituti diversi della città: ad esempio la paleografia e la diplomatica insegnate negli archivi regi o l’astronomia attiva presso il celebre Osservatorio di Brera. I primi locali di quella che può essere considerata l’antesignana dell’Università degli Studi di Milano, furono stabiliti nel palazzo di fronte al naviglio interno di via Senato, ove oggi ha sede l’Archivio di Stato.

I primi anni furono però tormentati. Difatti il trasferimento a Milano degli insegnamenti nelle discipline letterarie finì per provocare le proteste degli studenti: questi si lamentavano delle elevate tasse d’iscrizione, cui si aggiungevano le spese di viaggio perr venire a Milano in un’epoca in cui gli spostamenti non erano certo veloci come quelli odierni. Alcuni studenti preferirono iscriversi nelle università emiliane, ove le tasse d’iscrizione erano abbordabili e gli esami più facili da superare. Per evitare un drastico calo di iscritti, nell’anno accademico 1861-62 i vertici dell’ateneo ticinese decisero di richiamare a Pavia quattro insegnanti. La situazione era critica e tutto faceva pensare che l’accademia fosse destinata a chiudere.

Giuseppe Ferrari
Giuseppe Ferrari (1812-1876)

Le autorità locali e l’opinione pubblica milanese protestarono contro i provvedimenti dell’ateneo pavese. Scrissero al ministro dell’istruzione chiedendo la conservazione dell’Accademia scientifico letteraria. Il ministro Amari acconsentì alle richieste dei milanesi. Con regio decreto 8 novembre 1863, egli riformò in profondità l’amministrazione di questo istituto educativo. La normativa stabiliva l’apertura di una “scuola normale” per la formazione degli insegnanti delle scuole secondarie superiori nelle materie classiche di storia e filosofia. Inoltre fu istituita una scuola di alta cultura specializzata nelle scienze storiche e filosofiche. L’accademia divenne quindi un luogo in cui si affrontavano i problemi della didattica e le esigenze della ricerca scientifica in campo umanistico. Tra gli insegnanti più celebri nell’istituto di via Senato varrà la pena ricordare il deputato federalista Giuseppe Ferrari, docente di filosofia della storia e il celebre filologo Graziadio Ascoli.

Brioschi
Francesco Brioschi (1824-1897)

Nello stesso palazzo di via Senato ebbe sede in quegli stessi anni un’altra importante istituzione di alta formazione, specializzata nelle materie scientifiche applicative. Sulla scia della lezione cattaneana incentrata sul sapere produttivo, sul sapere utile all’economia, sul sapere teso al miglioramento delle vita sociale, la legge Casati, all’articolo 310, stabilì che a Milano fosse aperto un istituto tecnico superiore (il futuro Politecnico) per la formazione di ingegneri e architetti. Il regio decreto 13 novembre 1862 scendeva ancor più nel dettaglio, chiarendo che nell’istituto sarebbe stata attivata una Scuola d’applicazione per ingegneri meccanici e ingegneri agronomici. Il primo direttore fu il professor Francesco Brioschi, celebre patriota milanese che aveva partecipato alle Cinque Giornate di Milano. Negli anni Cinquanta Brioschi aveva tenuto gli insegnamenti di matematica applicata, idraulica e analisi superiore all’ateneo di Pavia. Nel 1851 si era recato all’estero in un viaggio di studio per conoscere la condizione di alcuni atenei, acquisendo una conoscenza approfondita del livello delle istituzioni scientifiche europee. Nominato direttore con decreto 12 febbraio 1863, Brioschi ebbe un ruolo fondamentale nel portare il Politecnico a livelli di eccellenza, il che fece di Milano una città leader nella formazione tecnico-industriale.

Occorre precisare che queste istituzioni di alta formazione, l’Accademia scientifico letteraria e l’Istituto tecnico superiore, ebbero sede nel palazzo di via Senato solo nei primi anni Sessanta dell’Ottocento. Già nell’anno accademico 1865-66 il Politecnico fu trasferito nel palazzo della canonica in piazza Cavour ove sarebbe rimasto fino al 1927. Lo stesso era avvenuto per l’Accademia.

Abbiamo accennato alla storia di queste istituzioni di alta formazione.  Delle due, quella destinata a maggior successo era certamente il Politecnico.

In una rassegna degli istituti d’istruzione esistenti a Milano nell’anno della Esposizione Nazionale del 1881, l’erudito Isaiah Ghiron scriveva a proposito dell’Istituto tecnico:

Apertosi nel 1863 coll’insegnamento della Meccanica razionale e industriale, della Geodesia, della Geologia e Mineralogia applicata, della Topografia, della Geometria descrittiva, della Fisica tecnologica, della Scienza delle costruzioni, della Chimica analitica dell’Idraulica e delle Costruzioni Idrauliche, dell’Agronomia e dell’Economia rurale, vi fu aggiunto nel 1865 quello di architettura e quindi la facoltà di conferire anche il diploma di architetto civile. Più tardi vi s’introdusse l’insegnamento di chimica tecnologica e di metallurgia e gli fu data la facoltà di concedere la laurea d’ingegnere industriale.

Il numero crescente degli alunni d’ogni parte d’Italia e gli uffici che occupano con onore gli allievi che ne sono usciti, rivelano tutta la valentia dei professori e la bontà dell’insegnamento di questo istituto”.

Diverso il commento a proposito dell’Accademia scientifico letteraria, la cui modesta attività era messa in relazione alla deprecata decadenza degli studi classici in una Milano ormai dominata dal clima positivista:

L’età nostra non corre favorevole agli studi classici, e Milano, che più delle altre città italiane rivolse il pensiero alle industrie, deve forse deplorarne maggiormente l’abbandono, desiderare più delle altre che non vadano perdute tutte le antiche tradizioni nazionali, e si conservi tra noi il culto di quelle discipline in cui essa fu maestra al mondo.

La lezione di Cattaneo sull’insegnamento produttivo

In una lettera del 21 ottobre 1846 all’imperial regia delegazione provinciale di Milano – l’istituto periferico del governo asburgico in Lombardia – Carlo Cattaneo informava le autorità sulla feconda attività didattica della Società per l’Incoraggiamento delle Arti e dei Mestieri, di cui in quegli anni ricopriva la carica di segretario. In realtà, nello scrivere questa lettera, l’economista lombardo si rivolgeva al governo per chiedere l’autorizzazione ad assegnare la cattedra di Geometria e Meccanica al giovane Paolo Jacini (1823-1852). Questi era stato chiamato a sostituire l’ingegnere Giulio Sarti (1792-1866), che aveva lasciato l’insegnamento per assumere un importante incarico all’estero. Jacini, fratello del più celebre Stefano, patriota e moderato lombardo, si era conquistato la stima di Cattaneo che ne lodava le doti in questi termini:

 

Carlo_Cattaneo
Carlo Cattaneo (1801-1869)

Non appena aveva intrapreso il Sig. Ing. Giulio Sarti di dare presso questa Società una gratuita istruzione di Geometria e Mecanica alli operai, questo utile proposito venne interrotto da improviso invito ch’egli ebbe di progettare e costruire un canal navigabile da Santarèm a Lisbona.

Dolente come ne fu questa Società, venne tosto confortata dall’offerta che fece il giovine Sig. Ing. Paolo Jacini di supplire con gratuita opera all’assente. Continuò egli con molta approvazione delli intelligenti il corso di Geometria e nell’entrante anno si accinge a quello di Mecànica.

Gravoso è questo assunto per la necessità di districare da una congerie di dottrine le cognizioni più semplici e adattarle alla condizione degli uditori.

[Da Margherita Cancarini Petroboni e Mariachiara Fugazza (a cura di), Carteggi di Carlo Cattaneo, Le Monnier – Casagrande, Firenze – Bellinzona 2001, serie I, vol.I., pp.638-639]

Qui possiamo svolgere due osservazioni. Anzitutto Cattaneo rendeva noto che l’ingegnere Sarti aveva lasciato l’insegnamento perché invitato dal governo portoghese a lavorare alla costruzione di un canale navigabile. Sarti, ingegnere civile e ferroviario, aveva progettato e diretto la strada ferrata Milano-Monza. Nel congresso degli scienziati tenuto a Milano nel 1844 si era fatto notare per aver proposto di regolamentare il lavoro dei fanciulli, mostrando di avere a cuore il triste fenomeno dello sfruttamento della manodopera minorile. Nel 1845 accettò l’insegnamento nella Società d’incoraggiamento di arti e mestieri: dapprima tenne “letture di geometria”, poi fu titolare del corso gratuito di “geometria e meccanica” menzionato da Cattaneo nella lettera citata sopra.

inaugurazione del naviglio pavese

Il lavoro che il Sarti ricevette dal governo portoghese – la costruzione di un canale navigabile – è oltremodo significativo. Oggi Santarèm è una cittadina abitata da più di 63.000 abitanti che dista 80-90 chilometri dalla capitale portoghese. Il territorio tra le due città è attraversato dal fiume Tago, che a quell’epoca non era interamente navigabile. Quando il governo portoghese decise di costruire un canale artificiale, non si rivolse a un ingegnere olandese o tedesco. Chiamò un milanese. Questo significa che la Milano dei navigli era a quel tempo una città in grado di formare ingegneri qualificati la cui competenza in materia di regime idrico e gestione dei trasporti su acqua aveva assunto una fama europea. La Milano di oggi, ove i navigli non rivestono alcuna funzione di utilità sociale, si trova purtroppo agli antipodi rispetto alla città di Manzoni.

La seconda osservazione riguarda il metodo d’insegnamento quale era concepito da Cattaneo. Secondo l’economista lombardo l’attività didattica, per essere efficace, deve saper ridurre a concetti semplici e chiari la complessa materia delle dottrine da trasmettere al pubblico: “districare da una congerie di dottrine le cognizioni più semplici e adattarle alla condizione degli uditori”. Un impegno certamente “gravoso” ma imprescindibile per qualsiasi docente, pena l’inutilità dell’insegnamento.

Ma vediamo di capirci qualcosa di più su questo tema. Quale senso aveva l’insegnamento nella Società di cui Cattaneo fu segretario a partire dal gennaio 1845?

In un articolo pubblicato a gennaio mi sono soffermato su due associazioni d’élite nella Milano della Restaurazione: il Casino dei Nobili e la Società del Giardino. Il tratto caratteristico di questi sodalizi risiedeva nella ristretta cerchia degli associati, nella finalità puramente ricreativa delle adunanze dalla cui frequentazione i soci potevano ricavare benefici per i loro affari privati.

Enrico Mylius
Enrico Mylius (1769-1854)

La Società d’incoraggiamento di arti e mestieri si costituì con caratteristiche nettamente diverse. Fondata nel 1838 grazie all’imprenditore, uomo d’affari e infaticabile mecenate Enrico Mylius – nato a Francoforte sul Meno da una famiglia di origini viennesi – la Società fu costituita con il supporto di un nutrito gruppo di banchieri e negozianti milanesi decisi a migliorare l’economia lombarda mediante il sostegno alle attività utili e produttive. Mylius, che assunse la presidenza della Società, seguì l’esempio di analoghe istituzioni attive a Parigi, a Berlino e nell’impero asburgico (ad esempio nell’Austria inferiore o in Boemia).

Diversamente dalle associazioni d’élite, questo sodalizio – la cui sede fu per circa un cinquatennio in piazza Mercanti – nasceva quindi con un programma vasto, teso alla promozione di attività industriali mediante il connubio tra scienza e lavoro. La finalità era quindi generale, travalicava l’interesse particolare dei soci per puntare al miglioramento economico della società in una tensione continua verso il progresso. Lo Statuto prevedeva sovvenzioni a titolo gratuito ad artigiani e commercianti, stabiliva il conferimento di doni onorifici tesi ad incoraggiare l’attività manifatturiera. Con il passare degli anni gli obiettivi divennero più ambiziosi. In un quadro internazionale dominato da un’accesa concorrenza economica tra gli Stati europei, la Società volle trasmettere ai lavoratori le cognizioni e i saperi utili a svolgere l’attività manifatturiera ai livelli più avanzati sotto il profilo tecnologico. Diffondere il sapere tecnico in imprese produttive, finanziare studi economici tesi ad innalzare le conoscenze delle classi industriali: queste le finalità del sodalizio, rese possibili grazie al contributo della Camera di Commercio ma anche al sostegno dei numerosi soci. Diversamente dalle associazioni d’élite, ove le quote d’iscrizione erano piuttosto elevate, nella Società di incoraggiamento d’arti e mestieri l’ingresso era condizionato al pagamento di almeno 30 lire annue.

Per tornare alla lettera di Cattaneo, nel lodare l’attività didattica del giovane Jacini, egli tornava in chiusura sul già citato principio dell’utilità pratica cui doveva rispondere l’insegnamento. I giovani docenti della Società meritavano stima universale perché sottraevano il tempo all’ozio per trasmettere ai lavoratori le conoscenze più efficaci nel lavoro industriale:

La Società vede con sommo compiacimento questa bella gara di giovani facoltosi nel sottrarre i loro più belli anni alla dissipazione per consacrarli a sollievo della classe industriosa, facendole dono di quelle cognizioni che rendono più fruttuosa la fatica e meno pericolosa la concorrenza straniera. La Società vede con ciò raggiunta la sua destinazione…

Negli anni della segreteria di Cattaneo furono attivati ad esempio corsi di setificio a cura dell’industriale torinese Angelo Piazza e di fisica industriale tenuti da Luigi Magrini. Tali corsi si aggiunsero alle lezioni di chimica industriale tenute da Giovanni Antonio de Kramer. In campo agricolo si propose l’acquisizione di un appezzamento di terra che servisse da modello per introdurre nuove pratiche nella lavorazione del grana padano mediante l’impiego di manodopera specializzata, formata e diretta da professori impiegati in loco. Tale progetto rimase però sulla carta a causa dello scoppio della rivoluzione del ‘48.

La Società d’incoraggiamento di arti e mestieri è tuttora esistente. Dal 1889 ha sede in via Santa Marta al civico 18. Se vuoi saperne di più, val al sito SIAM 1838.