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Idee per una riforma: la regione metropolitana lombarda

Questo articolo è stato pubblicato su “Il Giorno” del 15/4/2021

Da una ricerca curata da Mario Abis per il Centro Studi Grande Milano sulle condizioni in cui vivono gli abitanti della città metropolitana milanese è emerso come il 60% della popolazione ritiene fondamentale per la ripresa economica una costruzione adeguata dell’ente “Città metropolitana”. E’ evidente che fino ad oggi tale istituzione non ha funzionato: ha sollevato unicamente conflitti tra i municipi. Mai come in questi tempi si rende necessario un intervento legislativo teso a migliorare tale comparto amministrativo.

Nel programma della “Città a 15 minuti” il Sindaco Sala intende garantire nei quartieri migliori servizi pubblici a cittadini che, cessata la pandemia, continueranno in più occasioni a lavorare da casa. Perché questo piano non si riduca a una visione localistica, occorre però un intervento coraggioso: la divisione della città nei suoi antichi comuni. Questi, assieme ai municipi della Città metropolitana, a quelli della provincia di Monza-Brianza, a quelli legati a Milano ma inclusi nelle province di Novara, Varese, Como, Lecco, Pavia, Bergamo, Brescia, Lodi, Cremona, dovranno formare una grande Regione metropolitana. Il Presidente di questo nuovo ente, eletto direttamente dai sette milioni di cittadini che vi abitano, dovrebbe risiedere a Palazzo Marino e dividere con i Sindaci dei municipi l’amministrazione nel campo delle infrastrutture, dei trasporti, dell’urbanistica, dei parchi, della viabilità.

La grande Milano non potrà che essere una Regione amministrativa, al cui interno vi sia un fitto reticolo di comuni integrati nella nuova istituzione. Altrimenti la “Città a 15 minuti” rischia di essere un’idea grettamente municipalista, un po’ come quei milanesi che – come scriveva Ludovico di Breme a Federico Confalonieri in una lettera del 16 maggio 1814 – non sapevano guardare oltre “il borgo degli Ortolani”. 

Dall’Università Statale quattro progetti di business sui beni sequestrati alla mafia

Restituire alla legalità i beni sequestrati alla mafia mediante la realizzazione di progetti tesi ad avviare imprese autosufficienti, che siano in grado di reggersi sulle proprie gambe creando valore in zone dominate un tempo dal malaffare e dalla criminalità organizzata. Questa la mission che i docenti dell’Università Statale di Milano e del Politecnico hanno affidato agli studenti del corso di Laurea in Management dell’innovazione e dell’imprenditorialità, chiamandoli a partecipare al Laboratorio “riuso beni confiscati alla mafia”.

L’iniziativa, promossa dal Centro Studi Grande Milano (CSGM), dalla Città metropolitana di Milano, dalla Scuola di Design del Politecnico, dallo Studio Legale Sutti, è stata presentata ieri mattina nella sala lauree dell’Università Statale di Milano, in via Conservatorio 7, alla presenza di Daniela Mainini, consigliere in Regione Lombardia e presidente del CSGM, Arianna Censi, vicesindaco della Città metropolitana di Milano, Gian Antonio Girelli, presidente della Commissione regionale antimafia. Presenti i sindaci dei Comuni metropolitani nel cui territorio si trovano le proprietà confiscate alla criminalità: Giambattista Maiorano, sindaco di Buccinasco; Yuri Santagostino, sindaco di Cornaredo; Sergio Perfetti, sindaco di Gaggiano; Barbara Agogliati, sindaco di Rozzano.

Il professor Mario Benassi, che ha seguito da vicino i lavori degli studenti del corso di laurea, ha spiegato il senso dell’iniziativa, ricordando che “si è lavorato su idee che potessero produrre utilità”, stimolando la creatività dei giovani nell’immaginare “attività autosufficienti sul piano economico”, imprese di successo che possano abbattere il degrado di alcune zone della periferia metropolitana. “In Italia e in Lombardia ci sono asset (ville, palazzi, terreni imprese) che sono stati sottratti alla mafia e sono nella disponibilità dei comuni. Gran parte di questi beni è inutilizzato: noi abbiamo sviluppato progetti di business che possano generare ricchezza per la cittadinanza”.

Gli studenti, divisi in quattro gruppi, sono stati assistiti nel lavoro da un team di designers, architetti, avvocati, giuristi. I progetti sono stati coordinati da Roberto Poli (Centro Studi Grande Milano), dall’avvocato Simona Cazzaniga (Studio Legale Sutti), dalla Professoressa Ada Cattaneo (IULM), dal professor Luigi Bandini Buti (Polimi) e dal dottor Stefano Balzarotti (consigliere comunale di Abbiategrasso).

Gaggiano1
Il progetto di Gaggiano con l’indicazione delle tre zone.

Il primo lavoro si è concentrato su un terreno di 4 ettari sito nel Comune di Gaggiano, località San Vito. Il terreno fa parte del Bosco dei 100 passi, un’area già sottratta in passato alla criminalità organizzata, trasformata in un vasto parco di 17 ettari con 1500 alberi piantumati, un laghetto, un percorso ciclopedonale. Gli studenti hanno chiamato questo terreno il “Giardino del primo passo”, il primo da percorrere per entrare nel più ampio bosco dei cento passi. La proposta ha preso a modello i Prinzessinnengarten di Berlino, un’area che in Germania si è riusciti a sottrarre al degrado mediante la realizzazione di un orto urbano con caffetteria e ristorante. Il progetto prevede di dividere il giardino di Gaggiano in tre zone: una “zona parco” a sua volta articolata in quattro aree (area relax con tavoli da gioco e piste da bocce; area cani; area sport con la disponibilità di attrezzature per l’attività ginnica e percorsi salute;  area bambini); una “zona orti” che, sul modello dei già citati prinzessinengarten, affidi le aree agricole ad associazioni che facciano coltivare la terra a persone in difficoltà, ma anche a ragazzi, studenti, anziani del posto; infine una “zona eventi” per l’esposizione e la vendita dei prodotti degli orti. Gli studenti ritengono che i costi di avviamento del progetto, previsti intorno ai 100.000 euro, possano essere sostenuti mediante il ricorso a bandi di finanziamento della Fondazione Ticino Olona o della Fondazione Cariplo.

Il secondo gruppo si è occupato invece di una villa situata nel territorio del Comune di Buccinasco, in via Odessa, confiscata alla famiglia Sergi. Gli studenti hanno pensato di valorizzare questi spazi con attività in campo economico e sociale: un’ortofrutta al piano terra per la vendita dei prodotti del territorio ed ecosostenibili (latticini e marmellate) con servizio di delivery via bike e furgone; al primo piano un bar, un locale di ritrovo per giovani aperto anche di sera per gli aperitivi e una stanza per incontri di associazioni o presentazioni di attività culturali; la mansarda dovrebbe fungere da ufficio per il personale. Questo progetto, come gli altri tre, sono il risultato di una serie di incontri tra gli studenti e gli operatori del territorio, aziende interessate ad investire e a partecipare a tali iniziative.

Il terzo gruppo ha lavorato a un progetto di riuso centrato su un immobile nel Comune di Cornaredo, in via Vanzago. Appartenuto al boss dell’ndrangheta Costantino Mangeruca, è stato confiscato e da anni attende un intervento che possa restituirlo alla cittadinanza. Si tratta di un vasto edificio con una superficie complessiva di 1500 metri quadrati diviso in una parte seminterrata con garage, in un primo piano e in un sottotetto con piccola terrazza. Gli studenti hanno pensato di costituire al primo piano un laboratorio Wood Lab per il restyling e il restauro di motociclette o biciclette; gli spazi dell’immobile verrebbero gestiti da un’impresa, Do It, la cui tessera associativa consentirebbe l’accesso ai cinque spazi nello stabile per persone che intendono lavorare all’interno dello stabile nell’attività di restauro dei motocicli. Nel seminterrato dovrebbe essere collocato un magazzino e nel garage uno spazio per i macchinari di falegnameria. Nel sottotetto e nella terrazza si è pensato invece a un’area relax e ristoro con servizio bar, spazio per l’esposizione di mostre e la presentazione di libri.

Una villa risalente agli anni Settanta del secolo scorso, situata nel Comune di Rozzano, è stata al centro del progetto del quarto gruppo. L’immobile, situato in via Molise, si trova in un contesto di grande interesse culturale e paesaggistico, non molto distante dal castello visconteo di Cassino Scanasio. Gli studenti hanno pensato di utilizzare gli spazi della villa per due tipi di attività: al pianterreno un centro diurno per anziani, al primo piano un asilo nido. Il giardino potrebbe essere valorizzato mediante la creazione di spazi di ritrovo per gli anziani e di spazi giochi per i bimbi. La realizzazione di un’attività destinata ad unire, facendole dialogare, due fasce di età tanto distanti tra loro si ispira ad alcuni casi come ad esempio Providence Mount St. Vincent a Seattle, Anziani e Bambini insieme a Piacenza. Con la formazione di un asilo nido e di un centro per anziani gli studenti hanno voluto avvicinare queste due generazioni. L’obiettivo è restituire una funzione agli anziani troppo spesso soli ed emarginati: quella di adulti responsabili a contatto con i bimbi. I costi di avviamento, pari a 200.000 euro, sono alquanto elevati a causa dello stato di decadimento in cui versa la villa, da anni in stato di abbandono.

 

Sfondo presentazione Laboratorio
Da sinistra a destra: Arianna Censi, Mario Benassi, Daniela Mainini, Gian Antonio Girelli

Daniela Mainini, nel commentare i lavori degli studenti, ha elogiato il contenuto dei progetti il cui merito non consiste soltanto nel voler restituire valore ai beni confiscati alla mafia – simbolo di una lotta per la legalità che ha avuto successo – ma anche nel proporre soluzioni di business che possano offrire ai giovani spazi per crescere e realizzarsi professionalmente. “Nei beni confiscati alla mafia c’è una lotta di successo, nel restituire alla legalità un bene che è stato per anni nel buio dell’illegalità. E’ una gioia premiare la creatività di studenti che si sono impegnati in progetti credibili e concreti”.

La Milano di Sala: città modello per il Paese

La presentazione, avvenuta ieri, dei punti programmatici che la giunta Sala affronterà nel corso del suo mandato quinquennale mi ha fatto pensare al motto “conoscere per fare” concepito da Romagnosi e fatto proprio da Carlo Cattaneo. Scriveva Gian Domenico Romagnosi in un passo Dell’indole e dei fattori dell’incivilimento: “qui dunque, in ultima analisi, si tratta di fare, e se si vuol conoscere è per fare”. Una frase che da sola aiuta a capire le ragioni di quella progettualità concreta, fattiva, capace di confrontarsi con i problemi della società, che ha consentito ai milanesi di pensarsi in divenire, di reinventarsi nei grandi tornanti della storia senza perdere il treno del progresso.

Milano può contare oggi su quattro risorse. La prima riguarda una cultura del buongoverno che ha prodotto – soprattutto negli ultimi anni – una buona amministrazione. Certo, errori sono stati fatti in passato (tanto nelle giunte di centrodestra che di centrosinistra) ma se la situazione di oggi è quella che vediamo, ciò è dovuto a una cura per la cosa pubblica che ha radici storiche di lungo periodo. La seconda risorsa riguarda la ricerca scientifica di altissimo livello che ha il suo fulcro nelle università milanesi. La terza risorsa è il capitale umano: gli istituti educativi della metropoli forniscono ai giovani un patrimonio di competenze da mettere a frutto. Potremmo parlare di “una generazione incendiaria”, che ha tanta voglia di fare ma in Italia non trova le opportunità per crescere. La quarta risorsa è un fitto tessuto di imprese, attive soprattutto nel digitale, che trova a Milano e solo a Milano un ambiente fertile, aperto all’innovazione tecnologica. La giunta Sala e il governo nazionale avranno nei prossimi anni il compito immane di mettere a frutto queste risorse perché la città sia un modello di sviluppo in grado di contribuire alla crescita dell’Italia.

Il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala

Il Sindaco ha una sua idea della città per i prossimi dieci – quindici anni. Non basta però avere visioni. Occorre saper costruire. Sala è uomo concreto, fattivo, pragmatico. Ama grandemente Milano. Ha già ottenuto un brillante risultato: ha convinto il governo a puntare sulla città ambrosiana. Tutto questo in un momento d’incredibile distanza tra Milano e Roma: nella capitale la Sindaca Raggi ha iniziato ad amministrare nel segno della pulizia morale e dell’onestà; fa i conti tuttavia con una giunta in cui gli assessori sembrano fare a gara per dimettersi prima degli altri. Insomma, l’impressione è che in Campidoglio si brancoli nel buio. Se guardiamo a Milano sembra di essere su un altro pianeta. Qui domina la concretezza sui paroloni, l’agire paziente diretto al risultato effettivo. Per dirla con Max Weber, domina a Milano una zweckmässige Verwaltung, un’amministrazione orientata a uno scopo. In fondo, la città non ha mai cessato di essere asburgica in questo operoso riformismo finalizzato al progresso e al bene comune.

Due stile di governo diversi. Se la Raggi non ha esitato a rinunciare al progetto delle Olimpiadi per evitare fenomeni di corruzione e di malgoverno – un progetto che, se ben gestito, sarebbe stato una risorsa importante per lo sviluppo urbanistico di Roma – Sala si è affrettato a far firmare a Renzi il Patto per Milano impegnando il governo nazionale in corposi finanziamenti pubblici destinati alla rigenerazione della città: pensiamo soltanto allo Human Technopole nell’ex area Expo, un progetto fondamentale che consentirà alle università milanesi di essere coinvolte in un centro di ricerca internazionale sulle scienze della vita. Tempismo azzeccato quello di Sala, che ha saputo muoversi bene perchè conosce bene i punti di forza di Milano. E’ riuscito ad impegnare il governo a spendere risorse qui, in una metropoli che collabora con lo Stato facendo la sua parte. E’ il “conoscere per fare” di Romagnosi da cui siamo partiti.

Un’altra situazione che dimostra la fattiva operosità di Sala, la sua volontà di approfittare di ogni opportunità per il bene di Milano è stata la Brexit. Sala è andato a Londra, ha cercato di convincere i responsabili di importanti istituzioni europee a trasferire le loro sedi a Milano. Obiettivo ambizioso e al contempo difficile da raggiungere per le obiettive difficoltà in cui versa l’Italia. Eppure, una di queste istituzioni, l’Agenzia Europea per il Farmaco, sembra essere interessata a trasferirsi qui. Sala ha un dossier su questo tema. Milano è pronta a muoversi ma occorre il supporto del governo nazionale. Cosa farà Gentiloni? Sarà disposto a confermare l’asse di Renzi con Milano?

Nel segno di Romagnosi e di Cattaneo si pone infine il “Fare Milano”, il titolo che la giunta Sala ha scelto per riassumere il senso del suo operato nei prossimi 5 anni. Si tratta d’interventi complessi, che dovranno incidere in profondità affrontando in primo luogo il problema delle periferie. Grazie al “Patto per Milano” firmato dal Sindaco con il Governo nazionale, grazie anche all’intesa con il Governatore della Regione Lombardia Roberto Maroni, saranno destinati 356 milioni di euro per il recupero delle periferie. Fondi destinatati in gran parte, come hanno chiarito gli assessori Mirko Mazzali e Gabriele Rabaiotti, alla ristrutturazione delle case popolari nelle zone Lorenteggio-Giambellino e QT8-Gallaratese.

L’assessore all’urbanistica, Pierfrancesco Maran

Relativamente all’urbanistica verrà portato a compimento il recupero degli ex scali merci. La tabella di marcia fissata dall’assessore Pierfrancesco Maran è stringente: terminata la fase del confronto pubblico nel marzo 2017, l’accordo di programma verrà chiuso definitivamente nell’estate prossima per avviare le procedure dei concorsi, consentire gli usi temporanei degli spazi, elaborare i piani attuativi. I lavori per la rigenerazione degli scali verranno condotti tra il 2019 e il 2022. Come ho già avuto modo di ricordare in un articolo pubblicato in questa sede, il progetto è di fondamentale importanza per Milano. I diversi piani di edilizia sociale e residenziale, gli interventi per la realizzazione di vasti parchi verranno presentati dagli esperti di architettura e di urbanistica in incontri pubblici che si terranno a partire da dopodomani, dal 15 al 17 dicembre. Non mancate di iscrivervi e di partecipare numerosi!

L’assessore alla Mobilità, Marco Granelli

Importanti novità sono previste anche sul piano della mobilità, come ha sottolineato l’assessore Marco Granelli. Il completamento dei lavori della M4, è fissato per il 2022 con un anno di anticipo rispetto a quanto previsto originariamente. Il prolungamento delle linee metropolitane esistenti consentirà una migliore integrazione della città con l’area metropolitana. La M1 verrà portata da Sesto FS a Monza Bettola entro il 2020. Sul lato di Milano Bisceglie, i lavori per il collegamento con il quartiere Baggio-Olmi cominceranno nel 2021. Per la M5 si darà avvio agli interventi per le fermate Milano-Bignami-Monza città e Monza Ospedale San Gerardo. La tratta Milano Bignami-Monza città sarà attiva già nel 2020. Per quanto concerne la mobilità sostenibile, una novità importante sarà l’attivazione di una piattaforma tecnologica (MAAS: mobility as service) che consentirà via app o via Web di attivare alcune tipologie di abbonamento comprensive dell’utilizzo di treno, metro, autobus, bikemi, car-sharing, scooter sharing. Un servizio che andrà di pari passo con il potenziamento delle attuali dotazioni di biciclette, macchine e scooter e – dato più importante – con la costruzione di 55 aree di interscambio per la mobilità sostenibile.

In sinergia con i privati l’amministrazione Sala ha messo in campo svariati interventi nel campo del welfare e della cultura. Notevoli le iniziative culturali, dai city days (Bookcity a novembre, Prima Diffusa a dicembre, Museocity a marzo, Pianocity a maggio) alle settimane dedicate alle arti (Art Week in primavera, Music Week in autunno, Photo Week in estate, Movie week in inverno). Nel 2017 si terrà a Palazzo Reale una mostra dedicata ad Eduard Manet; le opere di Caravaggio saranno esposte nel biennio 2017/2018. Gli hub culturali gestiti da privati (Fondazione Feltrinelli in Porta Garibaldi inaugurata oggi, Fondazione Prada in Porta Romana/Ripamonti, Casva a QT8), i teatri pubblici alcuni dei quali riaperti al pubblico o costituiti ex novo (si pensi ad esempio al Teatro Lirico o al Teatro dell’infanzia e dell’adolescenza che verrà costruito ex novo in piazzale Maciachini), i musei e spazi espositivi (da Palazzo Citterio a Brera al Museo dell’Arte Etrusca in Corso Venezia) daranno alla città un’ulteriore visibilità internazionale, migliorando in prospettiva il già ottimo risultato di quest’anno: come ha osservato l’assessore alla cultura Filippo Del Corno, Milano è stata la città più visitata d’Italia nel 2016 (dati del Global Destination Cities Index).

L’unica mancanza, in questa visione concreta sul futuro della città illustrata da Sala, è stata l’indicazione di una data per il referendum sulla riapertura dei Navigli che, come il Sindaco ha annunciato in campagna elettorale, si terrà nel 2017. Attendiamo notizie su questo tema importante per il futuro urbanistico di Milano.

La grande sfida della Città metropolitana

In un articolo pubblicato il  3 maggio scorso sul “Corriere della Sera”, Gian Giacomo Schiavi ha messo in evidenza i limiti della Città metropolitana milanese come è stata disegnata dall’attuale Legge 56/2014. Tale normativa, se ha previsto una certa autonomia che si è concretizzata nell’approvazione dello Statuto metropolitano, presenta numerosi punti critici, primo fra tutti la modesta estensione del nuovo ente. Difatti, la Città metropolitana di Milano non fa altro che riprodurre i confini della vecchia Provincia, composta da 134 Comuni. Ad essere esclusi sono inspiegabilmente territori che fanno parte integrante dell’area metropolitana milanese come Monza e la Brianza, il basso varesotto, il basso lecchese, il basso comasco, il cremasco, il lodigiano, il novarese, Vigevano, Bergamo e il basso bergamasco, Brescia e il basso bresciano.

Insomma, il Sindaco che sarà eletto alle prossime elezioni sarà a capo di un ente intermedio tra Regione e Comune la cui popolazione si attesta intorno ai 3 milioni e mezzo di abitanti. La grande Milano metropolitana è un’area su cui vivono in realtà più di 7 milioni di abitanti, caratterizzata da un’elevata mobilità dei cittadini che si spostano ogni giorno verso il capoluogo ambrosiano per ragioni di lavoro. Oggi un abitante di questa enorme conurbazione chiede servizi adeguati sul piano dei trasporti, della viabilità, delle infrastrutture. Sente l’esigenza di un governo metropolitano come avviene nella Grande Londra: un’area popolata da otto milioni e mezzo di abitanti, amministrata da 32 distretti urbani (municipalità con una popolazione media di 300.000 abitanti), gestita da un Sindaco metropolitano che, eletto da tutti i londinesi, viene assistito da un Consiglio composto da 25 membri.

Purtroppo la Città metropolitana di Milano sarà qualcosa di diverso dalla Grande Londra. Il modello non è certamente quello della City-Region. E’ piuttosto quello – come si è detto – di un ente intermedio che dovrà relazionarsi inevitabilmente con i Comuni e con la Regione in merito a funzioni amministrative che tali enti – com’è facilmente prevedibile – non saranno disposti a condividere tanto facilmente. Diversamente da quanto avviene nella Germania federale ove i Länder, esercitando funzioni politiche di tipo statale, lasciano agli enti intermedi la piena gestione dei servizi amministrativi di tipo metropolitano, in Italia le Regioni intervengono con leggi e atti amministrativi che spesso invadono le competenze degli enti minori.

23 sett Zone omogeneeIl prossimo Sindaco di Milano, chiunque verrà eletto, dovrà impegnarsi per rendere efficace il nuovo ente intermedio assicurando ai cittadini servizi adeguati nel campo della mobilità, della pianificazione interurbana, del trasporto pubblico, delle infrastrutture. La delibera n.51/2015 approvata dal Consiglio metropolitano il 30 novembre 2015 ha istituito sette zone omogenee entro le quali sono compresi i 133 Comuni metropolitani, Milano esclusa. Le sette zone sono istituite per assicurare il coordinamento delle funzioni svolte dai municipi e per garantire una efficace gestione sul territorio dei servizi metropolitani:

  • l’Alto Milanese: 258.000 abitanti ca, è composto di 22 Comuni, tra cui Legnano, Parabiago, Castano Primo, Cuggiono, Bernate Ticino;
  • Il Magentino-Abbiatense: 213.000 abitanti ca, 29 Comuni, tra cui Magenta, Robecco sul Naviglio, Abbiategrasso, Gaggiano, Rosate, Noviglio, Albairate;
  • Sud-Ovest: 238.000 abitanti ca, 16 Comuni, tra cui Opera, Trezzano sul Naviglio, Assago, Buccinasco, Cesano Boscone, Cusago, Rozzano;
  • Sud-Est: 173.000 abitanti ca, 15 Comuni, tra cui San Donato Milanese, San Giuliano Milanese, Peschiera Borromeo;
  • Adda-Martesana: 336.000 abitanti ca, 28 Comuni, tra cui Segrate, Vimodrone, Cernusco sul Naviglio, Gorgonzola, Inzago, Trezzo sull’Adda, Melzo, Cassano d’Adda;
  • Nord Milano: 315.000 abitanti ca, 7 Comuni tra cui Cormano, Sesto San Giovanni, Cologno Monzese, Bresso;
  • Nord Ovest: 315.000 abitanti ca, 16 Comuni tra cui Settimo Milanese, Rho, Lainate, Arese.

Il grande Comune di Milano città (che da solo raggiunge all’incirca il milione e mezzo di abitanti) non scompare. Si aggiunge a queste zone. Esso è stato diviso in nove municipalità corrispondenti alle nove zone attuali, ognuna delle quali sarà formata da un Presidente e da un Consiglio di Municipio. Diversamente dalle Zone Omogenee, le Municipalità milanesi non sono tuttavia federazioni di Comuni che si uniscono per gestire assieme i servizi eventualmente delegati dalla Città metropolitana. Sono enti decentrati dipendenti dal Comune di Milano.  La loro istituzione consentirà una migliore partecipazione dei cittadini all’amministrazione locale ma restano organi del Comune di Milano. non già della Città metropolitana. Continueranno pertanto ad essere fondamentali il Consiglio comunale di Milano e il Sindaco, entrambi eletti dai soli cittadini milanesi.

Insomma, come si può agevolmente constatare, la questione è complessa e contraddittoria: alle prossime elezioni i milanesi voteranno per un Sindaco le cui funzioni ricadranno non solo sull’amministrazione di una Milano che resta unita nei suoi 9 Municipi, ma anche in quella della Città metropolitana: i cittadini dei 133 Comuni che la compongono non parteciperanno in alcun modo alla sua elezione. Il candidato sindaco di centro sinistra, Beppe Sala,  ha detto opportunamente che, qualora fosse eletto, si impegnerà a rendere elettiva la carica di Sindaco metropolitano e chiederà al Parlamento e al governo centrale uno Statuto speciale per Milano che consenta alla città di superare l’attuale impasse. Come si dice in questi casi? La Speranza è l’ultima a morire…

Perché Milano sta risorgendo a nuovo splendore

In un articolo scritto a gennaio, intitolato Milano vetrina del Made in Italy, chiudevo con l’augurio che la città ambrosiana potesse divenire nel periodo di Expo 2015 il fiore all’occhiello della cultura e della creatività italiana. Oggi devo dire che siamo sulla buona strada. La metropoli sta diventando una città fervida d’iniziative in svariati ambiti, una metropoli in grado di affascinare tanti giovani. Milano è caratterizzata da un policentrismo che ne arricchisce sensibilmente l’offerta culturale. Ogni zona presenta tratti distintivi che si integrano nella trama cittadina come tessere di uno splendido mosaico.

Fondazione Prada
Fondazione Prada

La Fondazione Prada ha aperto al pubblico in zona Ripamonti, in quelli che erano un tempo i Corpi Santi di Porta Romana a due passi dal Vigentino: con le mostre di arte classica e arte contemporanea ha reso accessibili enormi spazi espositivi nella sede di una fabbrica di liquori risalente agli anni Dieci del secolo scorso. L’edificio è quello dell’antica distilleria SIS che produceva il famoso brandy Cavallino Rosso. Oggi il vasto stabile, con la sua torre industriale verniciata d’oro svettante in un panorama di aree dismesse, costituisce un punto di riferimento per tanti intellettuali e creativi: tutti desiderosi di aggiornarsi sulle sperimentazioni artistiche da cui trarre ispirazione nei campi del design, della fotografia, del marketing. Alla Fondazione Prada va il merito di aver consentito la riqualificazione di una vecchia area industriale, fino a pochi anni fa in stato di palese degrado.

garibaldi repubblicaPrendiamo un altro quartiere, nella parte opposta della città, zona Garibaldi-Repubblica: qui l’architettura dei grattacieli che svettano con soluzioni originali e avveniristiche, il ponte su via Melchiorre Gioia, il raffinato design delle piazza Gae Aulenti ed Alvar Aalto, i prati vicino alle vie Colombo e Galilei hanno completamente ridisegnato la zona corrispondente ai due quartieri situati fuori dai bastioni, negli antichi Corpi Santi di Porta Comasina e di Porta Nuova. Oggi il quartiere Garibaldi-Repubblica si pone tra le aree residenziali più esclusive della città, continuando – sia pure in modi profondamente diversi – quello stile aristocratico che il visitatore poteva toccare con mano nei secoli passati, in alcune contrade dei sestieri di Porta Nuova e di Porta Orientale. La torre del palazzo di Unicredit, la cui cuspide si eleva verso il cielo superando in altezza la Madonnina del Duomo, costituisce il simbolo della moderna city finanziaria, visibile a svariati chilometri di distanza.

Darsena1Spostiamoci ancora a sud, questa volta in direzione sud-ovest. Troviamo la nuova Darsena, resa finalmente accessibile grazie a un’opera di recupero che, seppur oggetto di contestazioni, è stata certamente positiva: la sapiente valorizzazione dei navigli ha consentito l’apertura di uno spazio urbano ove l’acqua ha assunto un peso decisivo nel favorire l’attrazione turistica del quartiere, divenuto in poco tempo una delle zone più frequentate della città, meta di tanti giovani attratti dalla storica bellezza del luogo.

Ho citato tre quartieri che riflettono anime diverse della città, uniti da un senso di appartenenza alla comunità ambrosiana. La riqualificazione di tanti isolati cittadini è spia del cambiamento profondo di Milano cui mi riferivo all’inizio. A quale filosofia è ispirato questo “rinascimento milanese”? E’ un nuovo sentire, un senso di comunità che rende milanesi nella moda, nell’etica del lavoro, nella vita quotidiana alternativa, negli stili di vita più originali e creativi. Una città che sa essere un grande laboratorio del Made in Italy, aperta alle nuove frontiere dell’arte, della tecnologia, del design.

Il segreto di questo successo, che si spiega a monte con un profondo cambiamento di mentalità e di stili di vita, risiede a mio parere nella capacità di inventare il futuro recuperando in chiave nuova elementi storici dell’identità urbana. Penso alla Darsena, ma anche allo stesso progetto di riapertura dei navigli in centro città: i navigli, elementi secolari del paesaggio urbano milanese, caduti nell’oblio per gran parte del Novecento, vengono ora recuperati, reinventati per abbellire il paesaggio urbano a fini turistico culturali. Milano torna ad essere finalmente una città vivibile, a misura d’uomo.

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I milanesi scesi in strada nella manifestazione “Milano non si tocca” promossa dal Sindaco di Milano Giuliano Pisapia il 3 maggio

Un tempo si diceva che a Milano non si passeggia ma si lavora. Questo è ancora vero ma non basta a descrivere la vita cittadina. Nella metropoli che si va costruendo passeggiare per le vie e le piazze della città non è più un privilegio di turisti e sfaccendati. I milanesi si stanno riappropriando di Milano perché sentono di amarla. Certo, la amano a modo loro, con stile dimesso, non ostentato, in linea con l’autentica anima ambrosiana. Basti pensare al successo dell’iniziativa (hashtag #Milanononsitocca), nella quale migliaia di milanesi – contro ogni aspettativa – sono scesi in strada a metà maggio, uniti dalla volontà di ripulire gli edifici e di manifestare contro i vandali che pochi giorni prima, durante una manifestazione, avevano devastato vetrine e macchine in una zona del centro.

Riapriamo i navigli
Progetto di riapertura del naviglio tra via San Marco e via Fatebenefratelli

Se questo è il clima che si respira oggi, non è difficile pensare che un giorno i milanesi, anziché fuggire dalla metropoli nel weekend per recarsi al lago o al mare, scelgano di passeggiare lungo i canali riaperti del centro cittadino, magari salendo su battelli turistici in tragitti panoramici che mettano in collegamento Milano e l’Adda, Milano e Pavia, Milano e il Ticino; oppure, come molti giovani stanno già facendo in Darsena, sedendo sulle rive dei canali o nei prati vicino ai moli per le imbarcazioni per trascorrere in compagnia alcune ore del fine settimana.

La città metropolitana: così la grande Milano guarda all’Europa

Il ruolo di Milano come centro di una vasta area metropolitana è stato oggetto di innumerevoli studi da almeno trent’anni. L’interesse per questo tema si è accresciuto negli ultimi tempi in seguito all’approvazione della legge 56/2014, la cosiddetta “Legge Del Rio” che, nel riformare l’ente provincia, ha istituito le città metropolitane di Milano, Torino, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria, dando seguito al disposto del titolo V della Costituzione.

Probabilmente ti starai già facendo questa domanda.

Va bene Gabriele. A me cosa importa della città metropolitana? Cosa cambierà nella mia vita?

Una domanda elementare e sensata. Anzi. Spesso mi vien fatto di pensare che se il legislatore e la pubblica amministrazione dessero risposte elementari ai bisogni dei cittadini – come ad esempio leggi e regolamenti di poche pagine, servizi veloci e puntuali – avremmo guadagnato in efficienza amministrativa quel ritardo che il nostro Paese sconta nelle classifiche internazionali di fronte a Stati europei simili al nostro per dimensioni e popolamento: penso a Germania, Francia, Inghilterra.

Ma torniamo alla Città metropolitana. In effetti, chi leggesse per la prima volta il lungo testo della legge Del Rio scoprirebbe che la normativa obbedisce al fine primario di snellire l’ente provincia, trasformandola in sostanza in una federazione di comuni. Eppure, a un’attenta disamina, le novità sono molte. Compaiono appunto le città metropolitane. Nel caso di Milano tale ente intermedio coincide nella sua estensione con la vecchia provincia. Qui ci sarebbe già motivo di criticare questa legge per due ragioni. Anzitutto perché Monza e i Comuni limitrofi continuano a formare una provincia a sé stante. Negli anni passati – com’è noto – furono staccati da Milano per una decisione politica che nulla aveva da spartire con le ragioni della storia e della buona amministrazione. Nei prossimi anni sarà importante insistere perché Monza e la parte di Brianza attualmente compresa nel suo circondario tornino ad essere comprese nell’area metropolitana milanese.

In secondo luogo, la scelta di limitare il nuovo ente metropolitano al territorio della provincia è a dir poco discutibile perché gli studi di scienza amministrativa hanno dimostrato da anni che l’area metropolitana milanese si estende ben oltre quei confini, fino a comprendere innumerevoli comuni situati nelle province di Novara, Varese, Como, Lecco, Lodi, Pavia, Bergamo, Brescia, Cremona, Mantova. Insomma, una maggiore creatività istituzionale sulla base dei risultati delle scienze economiche avrebbe consentito di configurare meglio il nuovo ente.

metropolitana_area.jpg_1413728627Nonostante tali mancanze, la legge ha però il merito di aver introdotto finalmente la città metropolitana che, limitatamente ai Comuni della vecchia provincia di Milano, è un’area a economia avanzata i cui abitanti hanno in comune alcune caratteristiche che si fanno via via più evidenti all’avvicinarsi al comune capoluogo. La città metropolitana di Milano comprende oggi 134 Comuni con una popolazione superiore ai 3 milioni di abitanti e una densità pari a 1924,39 abitanti per kmq. Quali sono queste caratteristiche che differenziano i comuni metropolitani dagli altri municipi italiani? Anzitutto il fenomeno del pendolarismo, il Daily Urban System, in base al quale un numero considerevole di cittadini metropolitani si reca a Milano per ragioni di lavoro. In secondo luogo, l’alto valore del dato sull’occupazione di tipo medio-alto e i livelli contenuti degli indici relativi all’attività agricola e all’istruzione bassa.

Se poi vogliamo scendere ancor più in profondità nell’analisi socio-economica, occorre ricordare che in alcuni comuni della Città metropolitana gli studiosi hanno individuato caratteristiche ulteriori. Sono municipi che costituiscono assieme a Milano il nocciolo duro dell’area metropolitana. Immediatamente confinanti con il comune di Milano, che domina nettamente con una popolazione superiore al milione di abitanti e una densità pari a 6.822,23 abitanti per chilometro quadrato – a proposito, se vuoi saperne di più su questa Grande Milano costituita tra Otto e Novecento, clicca qui 😉 – ci sono nove comuni: Bresso, Cinisello Balsamo, Cologno Monzese, Cormano, Corsico, Cusano Milanino, Novate Milanese, Pero, Sesto San Giovanni. Gli specialisti hanno definito questa corona immediatamente esterna a Milano con il termine di urban core. La struttura urbanistica di tali municipi quasi si confonde con la città capoluogo. Alcuni vi riconoscono addirittura una “Milano funzionale” che è quasi tutt’uno con la Milano amministrativa. Questi comuni condividono con la metropoli una soglia elevata di valori che sono tipici di aree ad economia avanzata: mi riferisco al tasso di occupazione medio alta, all’indice di istruzione alta e al reddito pro-capite.  Quest’area ha un territorio complessivo pari a un terzo del Comune di Milano, una popolazione di 334.990 abitanti, e una densità per abitante seconda solo a Milano, pari in media a 5279 kmq. Monza, esclusa per ora dalla Città metropolitana, rientra nell’urban core.

Torniamo alla Città metropolitana nel suo complesso. Le opportunità per una migliore gestione del territorio giocano tutte a favore di questa nuova istituzione, il cui obiettivo primario sarà quello di garantire una qualità di servizi analoga a quello garantita ai milanesi nei trasporti, nelle comunicazioni, nella viabilità, nelle infrastrutture, nella mobilità, nella connessione a banda larga e nella tutela dell’ambiente.

milano metropolitana infrastruttureIl divario tra Milano città e la sua antica provincia è sotto gli occhi di tutti. Oggi un abitante di Pantigliate, Carpiano, Rosate, Sedriano, Garbagnate, Grezzago – per citare alcuni comuni situati nelle zone metropolitane verso le quali guardano le sei porte cardine di Milano (Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Comasina, Nuova) – può raggiungere il centro con una rete di trasporto inefficiente: una rete concepita per servire gli abitanti di un piccolo comune o di piccoli municipi, non può rispondere ai bisogni di una popolazione i cui spostamenti sono quelli di un’area a economia avanzata equiparabile a Londra, Parigi e Chicago. Lo stesso vale per gli spostamenti dei cittadini da un comune all’altro dell’area metropolitana, spostamenti dettati in primo luogo da ragioni di lavoro. Occorre poi aggiungere un terzo flusso: quello dei milanesi che vanno a lavorare fuori città, in comuni situati nella vecchia provincia. Non occorre essere degli specialisti in geografia economica per capire che oggi, rebus sic stantibus, manca una gestione metropolitana dei mezzi pubblici; mi riferisco a un servizio che possa consentire di spostarsi su linee di trasporto pensate non solo per servire il flusso periferia-centro e centro-periferia, ma anche gli spostamenti tra i comuni metropolitani. Pesa soprattutto l’assenza di un servizio di trasporto pubblico regolato da una tariffa valida per il territorio metropolitano.

Oggi la distanza tra Milano e i cittadini dell’area metropolitana è lampante per quanto concerne un altro tema cruciale: l’utilizzo dell’auto privata. In questi anni il Comune di Milano è riuscito a disincentivare l’utilizzo dell’automobile, un mezzo di trasporto utilizzato dal 54% dei milanesi. Nei prossimi anni l’obiettivo sarà di ridurre ulteriormente tale fenomeno portandolo alla soglia del 44%, al livello delle maggiori città europee. Ebbene, se ci volgiamo ai comuni dell’area metropolitana, ci accorgiamo che la percentuale dei cittadini che si servono dell’automobile supera invece l’80%. Un divario enorme, che si spiega con la già citata assenza di un servizio efficiente di trasporti pubblici su scala metropolitana: uno dei campi cruciali su cui si giocherà l’avvenire della nuova istituzione.

Le origini della Grande Milano

Milano è al centro di una vasta area metropolitana in cui vivono e si muovono milioni di persone. La Città metropolitana, costituita il primo gennaio 2015 in sostituzione dell’attuale provincia, può essere un’occasione per migliorare il governo del territorio: si tratta di un ente intermedio che, subentrando alla Provincia di Milano (soppressa), è formato dall’unione dei municipi dell’area urbana milanese allo scopo di fornire ai cittadini standard omogenei di servizi nel campo dei trasporti, dell’urbanistica e dell’ambiente.

In realtà, quando pensiamo a Milano, noi oggi non prestiamo la dovuta attenzione al fatto che la città è già un grande Comune in base alla sua evoluzione storica. Nel comune ambrosiano, la cui superficie è pari a 18.176 ettari, risiede una popolazione superiore al milione e trecentomila abitanti. Quando è nato il comune di Milano nella sua attuale estensione territoriale?

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Milano con l’annessione del comune dei Corpi Santi. Mappa del 1873

Come ho ricordato in un post di qualche settimana fa, la città si era ingrandita notevolmente in seguito all’annessione dei Corpi Santi avvenuta nel 1873. Nel 1921 il territorio era pari a 7.600 ettari. Gli abitanti erano più di 700.000.

Vediamo nel dettaglio l’estensione del Comune nel primo ventennio del Novecento: il territorio compreso entro i bastioni era pari a 832 ettari; i Corpi Santi occupavano una superficie di 6.643 ettari. L’ingrandimento di Milano proseguì nel 1918, quando venne decisa l’annessione di Turro, il cui territorio misurava un’estensione di 125 ettari.

Eppure, nonostante tali ingrandimenti, Milano misurava una superficie troppo angusta per una città considerata la capitale morale d’Italia, sede delle maggiori banche e industrie del paese. Secondo il censimento del 1921, la superficie del comune meneghino era tra le più ridotte in Italia: 76,29 kmq. Se si tolgono i casi di Genova, Firenze e Bari, le città con una popolazione superiore ai 100.000 abitanti presentavano un’estensione incomparabilmente maggiore: da Ferrara (405,25) a Taranto (411,80) per non parlare di Roma (2074,62).

Milano in una mappa del 1910.
Milano in una mappa del 1910.

L’ingrandimento della città era sentito come una priorità da molti esponenti della classe dirigente milanese, il che era comprensibile se si considera che molti servizi civici erano ancora localizzati al di fuori del territorio comunale: la ferrovia e gli impianti sportivi si trovavano a Lambrate, il collettore della fognatura nel Vigentino; a Trenno era stato costruito il celebre ippodromo; a Musocco il cimitero; a Baggio l’aerodromo; a Dergano l’ospedale dei contagiosi.

Nel 1923, quando il sindaco di Milano, il ginecologo Luigi Mangiagalli, si fece promotore del piano d’ingrandimento del comune, in Italia era in carica il primo governo Mussolini di cui facevano parte esponenti del partito fascista, del partito liberale e del partito popolare; un governo il cui operato sembrava porsi entro i confini della legalità. In realtà, come vedremo tra poco, il capo del governo mostrò già in questi anni una scarsa attenzione per le leggi dello Stato liberale.

Mussolini incoraggiò il progetto d’ingrandimento del comune di Milano. In una lettera del 7 luglio 1923 al sindaco Mangiagalli, il capo del governo si espresse in questi termini:

 

Benito Mussolini in una foto dei primi anni Venti.
Benito Mussolini in una foto del 1923.

Caro ed illustre Sindaco…ho la sensazione che Milano abbia il respiro della sua fatale espansione mozzato dalla fungaia di piccoli comunelli che sorgono alla sua periferia (Greco, Lambrate, Dergano, Gorla, Turro, Musocco, Affosi, Chiaravalle). Se Vostra Signoria crede di provocare un provvedimento di annessione che io stimo utile e forse necessario, io sono disposto a farlo approvare. Qualche intesa dovrebbe intervenire con i sindaci dei comuni. Io credo che la cosa piacerebbe anche a loro o prima o dopo. [Le sottolineature sono di Mussolini, NdR]

A ben vedere, il capo del governo mostrava di non avere buona memoria perché il comune di Turro era già stato annesso a Milano alcuni anni prima. Il governo sembrava favorevole a un ingrandimento della città mediante il coinvolgimento dei comuni secondo il dettato dell’articolo 118 della legge comunale e provinciale del 4 febbraio 1915 n.148: “Il governo del Re può decretare l’unione di più Comuni, qualunque sia la loro popolazione, quando i Consigli comunali ne facciano domanda e ne fissino di accordo le condizioni”.

Mussolini in realtà non esitò a violare la legge quando fosse risultata d’intralcio ai suoi interessi. Il governo seguì infatti una procedura che violò la normativa esistente. L’annessione dei Comuni limitrofi a Milano, avvenuta con decreti reali del 2 e del 30 settembre 1923, fu operata senza alcun coinvolgimento dei consigli comunali dei municipi interessati. L’ispiratore di tali atti autoritari fu lo stesso sindaco Mangiagalli, il quale caldeggiò l’unione immediata dei comuni suburbani “risparmiando le pratiche burocratiche”. Anziché attendere i pronunciamenti degli undici municipi limitrofi, si decise di convocare i sindaci in prefettura per informarli in merito al decreto di aggregazione deciso dal governo. Si stabilì inoltre che nel consiglio comunale di Milano, in carica dal 30 dicembre 1922, sarebbero entrati i rappresentanti dei municipi aggregati. Tuttavia, per rafforzare la componente fascista, Mussolini decretò lo scioglimento dei consigli comunali e nominò undici “amministratori o commissari straordinari” che sarebbero entrati a Palazzo Marino come rappresentanti dei municipi annessi alla città.

La grande Milano, nata per rispondere alle esigenze di una città in rapida espansione, venne realizzata quindi con metodi autoritari che erano la negazione delle autonomie locali. Questa è la storia del comune di Milano nella sua attuale estensione territoriale. In realtà, la città ingrandita fino a comprendere i confini attuali è storia risalente ancor più indietro nel tempo.

Beauharnais
Il viceré del regno italico Eugenio Beauharnais (1781-1824)

Negli anni del regno d’Italia napoleonico, con un decreto del viceré Eugenio Beauharnais risalente al 9 febbraio 1808, il territorio milanese – allora limitato ai bastioni spagnoli – venne accresciuto nel tentativo di farne una metropoli sul modello di Parigi. In quell’occasione vennero annessi alla grande Milano i Comuni che si trovavano a una distanza non superiore a 7 chilometri dalla torre della piazza dei Mercanti, il cuore di Milano ove convergevano gli assi viari dei sestieri milanesi. Ad essere compresi nella Grande Milano napoleonica furono i comuni di Affori, Bicocca, Boldinasco, Casanova, Chiaravalle, Corpi Santi, Crescenzago, Dergano, Garegnano, Gorla, Grancino, Lambrate, Lampugnano, Linate, Lorenteggio, Macconago, Morsenchio, Musocco, Niguarda, Nosedo, Poasco, Precentenaro, Precotto, Quarto Cagnino, Quintosole, Redecesio, Ronchetto, San Gregorio vecchio, Segnano, Sellanova, Trenno, Turro, Vajano, Vigentino e Villapizzone. La grande Milano napoleonica durò pochi anni. Gli austriaci, tornati in possesso della Lombardia nel maggio 1814, ricostituirono dopo pochi anni l’antico reticolo di piccoli comuni rinchiudendo Milano entro il perimetro secolare dei bastioni spagnoli.