Ieri pomeriggio, all’Urban Center di Milano, il Centro Studi Anticontraffazione ha presentato al pubblico le ultime novità sull’adesione dell’Italia all’istituto del brevetto unico europeo.
L’incontro, presieduto e moderato dalla presidente del Centro Studi Grande Milano Daniela Mainini, ha visto la partecipazione di molte personalità appartenenti al mondo imprenditoriale, accademico, politico. Tra gli intervenuti il professor Cesare Galli ordinario di diritto industrale all’Università di Parma, Pier Giovanni Giannesi direttore proprietà industriale in Pirelli, Francesco Macchetta direttore proprietà intellettuale Bracco, Aldo Buratti presidente di Confapi (Unione nazionale della piccola e media industria nel settore tessile, abbigliamento, calzaturiero, pelli, cuoio), Franco D’Alfonso assessore al commercio e alle attività produttive del Comune di Milano.
Il tema della lotta alla contraffazione è molto importante per l’economia italiana. Me ne sono già occupato in un articolo pubblicato a febbraio (clicca qui). Oggi le imprese devono spendere molte risorse per registrare i brevetti, la cui validità è ristretta ai confini nazionali e non consente una tutela efficace nella lotta alla contraffazione. Nel 2014 le aziende italiane hanno depositato 9.382 brevetti: di questi 2.708 – pari al 28,8% – provenivano da ditte lombarde.
Elevato è anche il costo delle cause nella lotta contro il falso. Se restiamo a Milano, il fenomeno ha raggiunto soglie allarmanti nei campi più svariati: dai cosmetici all’alimentare, dai giocattoli al farmaceutico. Secondo i dati riportati dall’assessore D’Alfonso, tra il 2011 e il 2014 sono stati individuati più di 34 milioni di pezzi contraffatti, cui sono seguiti 54.175 sequestri (penali e amministrativi).
Di fronte a un problema di tali dimensioni i tribunali italiani non possono più condurre da soli la battaglia per la difesa delle aziende dai danni della contraffazione. La scelta di non aderire alla cooperazione rafforzata in tema di brevetti fu un errore clamoroso del governo italiano, che alcuni anni fa si oppose a una gestione europea della giurisdizione. Il risultato è che oggi un’azienda intenzionata a difendere il marchio a livello europeo deve recarsi all’Epo di Monaco per registrare i brevetti con costi non indifferenti. Se consideriamo che le piccole e medie imprese – che sono la spina dorsale dell’Italia – vivono soprattutto sulle esportazioni dei loro prodotti, non è difficile capire quanto sia importante tutelare i brevetti potendo contare su un’autorità sovranazionale che abbia sede in Italia.
Oggi l’ingresso del nostro paese nel sistema del brevetto unitario, annunciata dal sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi, costituisce una tappa importante per consentire alle aziende di operare in questo campo alle stesse condizioni dei maggiori Paesi europei: Francia e Germania.
La prossima tappa sarà la scelta di una città ove aprire la sede locale europea per la giurisdizione sul brevetto unico. L’Italia ha due anni di tempo per decidere. Come ha sostenuto la presidente Mainini, l’apertura di una corte a Milano sarebbe un’ottima soluzione per il dopo Expo. Milano è la candidata naturale, se si considera che in questa città viene depositato ogni anno un quarto dei brevetti italiani.
E’ stato stimato che l’adesione del nostro Paese al brevetto unitario europeo e l’apertura della sede locale consentirà alle imprese di risparmiare 400 milioni di euro all’anno. Un riduzione dei costi che permetterà alle aziende di investire maggiormente nella ricerca e accrescere la competitività sul mercato mondiale.