Le indagini della magistratura a carico dell’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, accusato di appropriazione indebita, truffa ai danni dello Stato, riciclaggio di denaro sembrano portare alla luce un sistema spaventoso di malversazione ai danni della collettività. Attenderemo il processo e la sentenza della magistratura per capire le responsabilità di ciascuna persona in questa squallida vicenda.
Ha ragione Matteo Salvini a denunciare l’intervento ad orologeria della Magistratura. Ma non è colpa di nessuno se il suo partito è al centro da settimane di indagini su presunti giri di tangenti e malversazioni. Se la Lega fosse un partito gestito con onestà e trasparenza, se i politici della Lega fossero onesti e trasparenti, i magistrati non sarebbero costretti ad occuparsi di loro.
Montanelli diceva: “gli italiani hanno lo stomaco forte: digeriscono tutto”. Un giudizio non proprio calzante per l’elettorato leghista, da sempre accusato di essere poco sensibile all’italianità. Vedremo alle prossime elezioni come reagiranno i militanti leghisti e i cittadini dell’area pedemontana che hanno votato per anni il Carroccio. Continueranno a turarsi il naso dinanzi al puzzo nauseante che esala da via Bellerio o faranno affondare un partito che serve ai Bossi per sistemare i loro famigli more italico?
In effetti fa rabbrividire l’accusa che una parte dei fondi pubblici destinati all’attività del partito sarebbe stata impiegata da Belsito per le spese personali di Rosy Mauro e della famiglia Bossi, come d’altra parte non cessano di stupire (in negativo) le rivelazioni di Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita, in merito alla discutibile gestione finanziaria di quel partito. I leader politici pensano di cavarsela scaricando le colpe sui tesorieri. Non è un comportamento corretto. Abbiano la dignità di dimettersi, ammettano di essere responsabili nella gestione clamorosamente superficiale del partito, riconoscano il loro peso nella nomina di determinati figuri ai vertici del movimento.
E’ inutile che Bossi faccia finta di cascare dal pero. Se fosse un uomo politico responsabile, si sarebbe dimesso. Questo tuttavia non avverrà perché dietro il Senatùr c’è il codazzo dei familiari (in senso stretto e allargato) che non solo gli devono la carriera, ma soprattutto – come avviene per tutti i partiti incistati nel sistema – sono titolari – grazie alla Lega – delle rendite politiche nei vari posti dell’amministrazione centrale e locale. Senza Bossi dove andrebbero i tanti aiutanti che si nascondono dietro la sua persona ormai provata dalla malattia? Da almeno un decennio la Lega si è trasformata cambiando la sua natura: da partito del Nord a Roma è diventata un partito romano radicato al Nord.
E’ innegabile che la vicenda Belsito non mancherà di pesare sull’elettorato della Lega alle prossime elezioni. Il Carroccio potrebbe subire un drastico calo di consensi. Non si può escludere neppure che il partito di Bossi finisca per implodere.
Occorre tuttavia rilevare che la battaglia per l’autonomia delle Regioni padane, per una riforma radicale dello Stato italiano in senso autenticamente federale, è ben lungi dall’essere destinata al fallimento. Nel Nord Italia e nel Centro Italia la crisi economica sembra rafforzare i movimenti indipendentisti che, presenti ormai da tempo sul territorio, paiono destinati ad ereditare – sia pure in parte – il bacino elettorale intercettato dal Carroccio. Sono movimenti che si rifanno al programma originario della Lega, quel programma che Gianfranco Miglio aveva mirabilmente condensato nel decalogo di Assago (1993). Per questa ragione le elezioni amministrative potrebbero riservare nuove sorprese, soprattutto nell’Italia padana.
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